L’occasione è importante. Si celebra l’International Day of Women and Girls in Science. Ed è un momento chiave per fare il punto su una situazione in divenire. Da un lato le donne rappresentano solo un terzo dei laureati in Europa in scienze, tecnologia, ingegneria e matematica (STEM), e solo il 15,5% delle start-up ha come fondatrici donne attive sulla scena delle nuove imprese. Questo è particolarmente vero in ambito sanitario, in particolare per le donne che si laureano in medicine e chirurgia.
Più donne nella medicina, più spazi per il futuro
Le donne costituiscono la grande maggioranza degli operatori sanitari in Europa (70-80%). E nell’Europa centrale, orientale e meridionale, la percentuale di donne medico è la più alta tra i paesi sviluppati. Come spiega Chiara Maiorino, Ecosystem Lead for Italy di EIT Health InnoStars, “osserviamo tre forti trends.
In primo luogo, le donne che portano innovazione nella sanità provengono da settori più disparati. Naturalmente la scienza e la tecnologia sono predominanti, e molte donne vengono direttamente dai laboratori di ricerca, ma ci sono anche laureate in scienze sociali. Esistono molti ruoli diversi nell’innovazione sanitaria in cui le donne possono inserirsi rapidamente. In secondo luogo, osserviamo che sempre più start-up sono co-fondate e/o guidate da donne. Infine, notiamo che c’è un’ondata di discussioni sulla creazione di pari opportunità per le start-up guidate da donne, e osserviamo una tendenza all’interno dell’ecosistema delle start-up in cui i Venture Capitalist si dimostrano più aperti a investire sulle nuove imprese guidate da donne”.
La strada da fare, comunque, è ancora lunga. Per gli italiani le donne hanno dei limiti quando si parla di accesso alle professioni e al mondo del lavoro. Colpa della loro scarsa forza, resistenza e capacità fisica (46.9% – e lo pensano anche le donne: 43%) o del loro carattere (27.9%). Tanto che una donna su quattro crede che carriera lavorativa, leadership politica, guadagno da lavoro siano “naturalmente” a maggiore appannaggio degli uomini.
Ecco perché la parità di genere – ovvero la “condizione nella quale donne e uomini ricevono pari trattamenti, con uguale facilità di accesso a risorse e opportunità, indipendentemente dal loro genere sessuale” – è ancora un miraggio per la metà degli italiani (49,8%), non solo sul lavoro. A dirlo sono alcuni dati che emergono dall’indagine Inclusion condotta da AstraRicerche per Gilead Sciences su un campione rappresentativo della popolazione italiana, dallo studio emerge che gli ambiti in cui le differenze di genere sono più forti riguardano la carriera lavorativa, tanto nella possibilità di ricoprire ruoli ‘alti’, quanto nella leadership politica e amministrativa e nel guadagno da lavoro. A pensarlo sono soprattutto le donne (67%), ma la percezione degli uomini non è poi così diversa (56%).
Gli esempi virtuosi
Fondazione Gianni Bonadonna, con il sostegno del Gruppo Prada, e Fondazione AIRC presentano due giovani ricercatrici, vincitrici del primo bando per borse di studio all’estero in memoria del padre dell’oncologia medica italiana, Gianni Bonadonna. Sono Gaia Giannone e Stefania Morganti ad essersi aggiudicate l’edizione 2021 della Call for Fellowship FGB-AIRC.
Le borse di studio prevedono un periodo all’estero di 3 anni in prestigiosi istituti oncologici internazionali, dove le due oncologhe potranno confrontarsi con nuovi approcci di studio e avviare i loro progetti di ricerca incentrati su due tumori femminili per dare nuove speranze a tante pazienti.
Gaia Giannone, oggi all’Istituto di Candiolo – Fondazione del Piemonte per l’Oncologia – IRCCS, si occuperà di carcinoma ovarico presso l’Imperial College di Londra; il suo progetto prevede analisi di ultima generazione sul carcinoma ovarico sieroso di alto grado, il più frequente e aggressivo fra i tumori dell’ovaio, per individuare le mutazioni che avvengono durante la progressione tumorale e lo sviluppo di resistenze, con lo scopo di personalizzare le terapie in ogni fase della malattia.
Stefania Morganti si trasferirà dall’Istituto Europeo di Oncologia di Milano al Dana Farber Cancer Institute di Boston per una ricerca sul tumore mammario metastatico HER2-positivo: obiettivo del suo progetto di ricerca è approfondire gli studi sulla malattia minima residua come possibile indicatore di risposta di lunga durata alla terapia e individuare quindi strategie di trattamento adeguato a seconda delle caratteristiche del tumore, a beneficio delle pazienti.