Alma e Trieste, le due anime del libro che ha vinto il Campiello

Federica Manzon, vincitrice del premio Campiello con Alma, ci racconta la nascita e il significato del suo romanzo che parla di un passato doloroso, la guerra in Jugoslavia, per guardare ad un futuro di speranza

Pubblicato: 14 Ottobre 2024 14:03

Sara Gambero

Giornalista esperta di Spettacolo e Lifestyle

Una laurea in Lettere Moderne con indirizzo Storia del Cinema. Appassionata di libri, film e del mare, ha fatto in modo che il lavoro coincidesse con le sue passioni. Scrive da vent’anni di televisione, celebrities, costume e trend. Sempre con un occhio critico e l'altro divertito.

Federica Manzon, vincitrice del premio Campiello con il romanzo Alma, ci racconta l’importanza della geografia dei luoghi, che definiscono le nostre identità, del passato, che va maneggiato con cura, di memoria ed eredità famigliare, di radici da ritrovare. E di amore, che sia per un padre, un fratello o un Paese.

Alma, Trieste, la “terra di là” (la Jugoslavia), la guerra nei Balcani, passato e presente: sono i pilastri sui quali si costruisce il tuo romanzo. Ce n’è uno da cui tutto è partito?
La prima cosa da cui sono partita è la geografia dei luoghi, l’idea di un confine dove c’è un di qua e un di là e quello che per me rappresentava, quel confine. Era più di una linea geografica, qualcosa che aveva a che fare con la costruzione della nostra identità. La doppia idea di confine sia come curiosità verso un di là sconosciuto che timore verso quello che ci può essere dall’altra parte.

È il tuo primo libro narrato in terza persona perché, hai detto, “non è solo la storia di Alma ma anche dei suoi nonni, memoria della Trieste asburgica e del padre di Alma, figlio del sogno jugoslavo infranto”. Perché la scelta di raccontare adesso la guerra dei Balcani?
In realtà ho pensato a quel momento storico in senso più vasto per due motivi: il primo è che credo che quella parte dei Balcani sia il cuore dell’Europa, in grado di mostrarci l’essenza del nostro continente, unione di popoli e tradizioni diverse che legano oriente e Mitteleuropa. In secondo luogo il fatto che quello che abbiamo visto accadere, le guerre di  30 anni fa, rappresentano un passato che è importante andare a riguardare per capire meglio il nostro presente, da cosa ci può mettere in guardia.

Nel romanzo i nomi sono sempre omessi: Tito è il colonnello, Milosevic il generale serbo, c’è “la terra di là”, c’è “l’Isola” ad un certo punto compare pure – sottinteso-  Basaglia. C’è stata una precisa volontà di lasciare tutto solo suggerito?
Sì, torna con quello detto poco fa. Le persone nominate i luoghi rappresentano qualcosa di più. Trieste non è solo Trieste ma un punto di vista da cui guardare oltre. Il generale Milosevic non è solo lui ma rappresenta molti di quelli che sono stati artefici delle terribili azioni commesse. Volevo che quel momento raccontato parlasse anche  di altri momenti, di altri luoghi che rispondono a logiche simili.

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Trieste, protagonista del libro è un luogo che vive nel mezzo, una terra di confine: come Alma è divisa, tra un di qua e un di là, sia storico che geografico. Si può dire che Trieste e Alma si somigliano, sono le due facce di un’unica protagonista del romanzo?
Assolutamente, Alma è Trieste. Si ricollega molto ad un libro che ho amato molto, dello scrittore triestino Stellio Mattioni, che si chiama proprio “Il richiamo di Alma”. In quel libro la protagonista non si capisce bene chi sia: un fantasma, una donna, una bambina, una vecchia. Solo alla fine  si rivela per quello che è davvero, lo spirito della città. Anche la mia Alma è così.

Alma è figlia di una italiana e di uno slavo e sembra non avere radici: il tema del proprio passato, della memoria famigliare, dell’appartenenza ad un luogo è molto forte in questo romanzo. Anche in un altro tuo libro bellissimo, Di fama e di sventura, il protagonista Tommaso emigra in America ma non riesce a dimenticare le sue radici, il luogo in cui è cresciuto. La geografia, i luoghi, rappresentano la nostra vera identità?
Sì, molto di più degli accadimenti storici che sono solo accadimenti che passano. La geografia è una cosa che resta. Che ha a che fare con qualcosa di più profondo nella formazione della nostra personalità. Nel modo in cui si plasma il nostro carattere, come impariamo a costruire le relazioni. Poiché il bisogno di raccontare le mie storie nasce sempre da dei luoghi, credo davvero che la geografia sia la cosa che più ci determina.

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Hai detto: “Fermo restando che è importante conoscere il passato per capire chi siamo e dove andiamo, molte volte quel passato diventa un peso che ci attanaglia”. Il passato è memoria ma spesso anche un macigno ingombrante di cui è meglio liberarsi?”
Sì, il passato è qualcosa difficile da maneggiare. Il padre di Alma la mette in guardia dai rischi del passato perché in modo predittivo vedrà le guerre nel suo paese nascere proprio dalla manipolazione della storia. Quello che abbiamo visto accadere anche con la guerra in Ucraina, quando il passato manipolato dalla politica diviene motivo di scontro tra i popoli. Mentre quello che Alma capisce al termine di questi suoi tre giorni di viaggio a Trieste è che il passato, la memoria, sono qualcosa che dobbiamo preservare solo in maniera funzionale al futuro. Riuscire a prendere dal passato quello che può essere utile per immaginarsi un futuro diverso da ciò che di negativo c’era stato.

Sei nata nel 1981, ai tempi della guerra avevi 10-14 anni. Come hai vissuto quegli anni?
In tutto il Friuli Venezia Giulia, rispetto al resto d’Italia, quella dei Balcani è stata una guerra molto sentita. Io ero una bambina ma ho tre ricordi ben impressi: quello dei profughi che arrivavano con le corriere e attraversavano il confine, la paura dei  carri armati sul confine all’inizio della guerra, quando la repubblica slovena si è resa autonoma dalla Jugoslavia e il rumore degli f16 che attraversavano i cieli quando la Nato è andata a bombardare Belgrado.

Per questo hai voluto dedicare questo libro “a tutte quelle persone che stanno attraversando i confini”?
Sì anche perché sono cresciuta vicino a quello che era davvero un confine con la sbarra eppure era attraversabile, un confine quasi famigliare. Mentre oggi, che siamo dentro un’Europa unita che dovrebbe aver abolito confini fa impressione vedere che le persone vengono fermate e non possono oltrepassarlo ( a Trieste accordo di Schengen è stato abolito da quasi un anno).

La primissima cosa che hai pensato quando hai vinto il premio Campiello?
In quel momento, non mi era mai capitato, ti si annulla qualsiasi pensiero, non pensi più a niente se non alla felicità enorme…

I ragazzi oggi leggono pochissimo. Che libro consiglieresti per invogliare un bambino alla lettura, un titolo che a te ha cambiato la vita?
In realtà i dati sfatano questa credenza e ci dicono che i bambini e i ragazzi leggono molto. Soprattutto i ragazzi. Avrei anche la tentazione di consigliare dei titoli ma ho capito che sbaglierei perché sono cambiati gli orizzonti. Così come quando io ero piccola, se mi avessero detto: “leggi il libro Cuore”, mi avrebbero dissuasa dalla lettura, così oggi vedo che i ragazzi leggono tantissime cose diverse che non esistevano quando io ero bambina e consigliare oggi quelle che sono state le mie letture sarebbe sbagliato. La cosa che si può fare è renderli familiari col fatto che i libri sono un orizzonte di curiosità. Devono cercarli e trovarli da soli.

Se dovessi consigliare a chi viene per la prima volta a Trieste, questa “meravigliosa città che si affaccia sul Golfo e sul confine” tre luoghi imperdibili?
Il lungomare di Barcola, il Carso e poi forse, sarò banale, la bellissima Piazza Unità.

D’altronde Federica lo aveva già scritto: La libertà che si prova a tuffarsi dagli scogli di Barcola da bambini, la confusione delle lingue che promettono un mondo da scoprire, l’allegria nelle canzoni che si intonano in osmiza quando cala il sole sul mare e dicono di attraversamenti lungo il confine con la carne nascosta nel reggipetto, la malinconia dei bordelli sloveni e la jeansinara dove compri i vestiti a poco prezzo, che tanto non importa a nessuno. La mia ossessione per Trieste, su questo amore senza ragioni, di cui ho seguito il richiamo in questo romanzo

 

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